Una storia di splendori e di problemi

The following two tabs change content below.

Redazione I Martedì

Ultimi post di Redazione I Martedì (vedi tutti)

È solo con la Riforma protestante di matrice calvinista che si pongono le basi per i diritti dell’uomo: un’origine religiosa destinata ad incidere profondamente nei successivi cinque secoli.

L’origine della dottrina dei diritti è religiosa. Va collocata all’interno della Riforma, e in particolare del Calvinismo. Si comincia a parlare di diritti dell’uomo dopo che il fondamento legittimante della politica – la tradizione religiosa in Europa – non è più in grado di sostenere il peso della politica; quando insomma Dio non è più segno di pace, perché può essere detto in troppi modi diversi. Ovvero dopo che le guerre civili di religione rendono impossibile fare riferimento a una sostanza fondativa dell’ordine politico, a un’auctoritas. “Autorità” etimologicamente è la funzione che fa crescere; ora, l’individuo moderno si pensa come già cresciuto, non bisognoso di alcun fondamento esterno. Questa “autogiustificazione del finito” è, prima di tutto, la consapevolezza del singolo di essere “giusto”, giustificato sola fide da Dio, senza mediazioni istituzionali – Chiesa, sacerdozio, sacramenti. Il giusto (e il popolo dei giusti) si oppone a ogni potere che non provenga da lui stesso – ciò vale per il calvinismo, non per il luteranesimo: un testo ugonotto come le Vindiciae contra Tyrannos, scritto negli anni delle guerre civili di religione in Francia, lo dimostra chiaramente. Il giusto, i giusti, bastano a sé stessi. Hanno in sé il proprio diritto essenziale.

Nato religioso, il concetto di individuo autogiustificato si sviluppa in senso laico, e più individualistico, nella dottrina dei diritti dell’uomo, nel razionalismo moderno di Hobbes, Locke, nell’Illuminismo. Qui il “giusto” cede il passo all’“uomo”; ciò che resta immutato è che nel singolo c’è il fondamento legittimante del potere. Nel razionalismo i diritti del singolo vengono iscritti all’interno della nozione di “diritto naturale”, antichissima, che così ne risulta fortemente spostata in senso soggettivo. Si tratta di diritti elementari: vita (sicurezza), libertà (azione), proprietà (interesse materiale), che hanno in sé anche fattori di complicazione e di contraddizione. II primo risultato dell’utilizzazione dei diritti naturali soggettivi come fondamento della politica è che questa non appare più come un organismo in sé articolato ma come una macchina, un artificio nato dalla ragione dei singoli, dal contratto; la teoria dei diritti è, quindi, fortemente polemica sia contro l’alleanza trono-altare (contro la pretesa del trono di essere legittimato da Dio, e contro la pretesa della Chiesa cattolica di essere difesa dal potere politico) sia contro la teoria e la pratica dell’antichissima società trinitaria (che distingueva oratores, bellatores, laboratores); gli uomini sono uguali sia in natura – anche se l’uguaglianza non appare esplicitamente nelle prime formulazioni – sia nella società e nello Stato: la cittadinanza non è suddivisibile per ceti. Nobili e clero non possono valere di più del Terzo stato.

[…]

Carlo Galli

Leggi l’articolo completo nel numero 354 “L’uomo e i suoi diritti” 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.