Prossimità e distanza

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Giovanni Bertuzzi

Direttore responsabile della Rivista I Martedì, Direttore del Centro San Domenico e Preside dello Studio Filosofico Domenicano.

È stata più volte e da più parti sottolineata l’importanza della dimensione relazionale della nostra esistenza umana: siamo  sempre ed ovunque “soggetti in relazione”.
Il riconoscimento del valore delle relazioni, però, dipende dal riconoscimento del valore dei “soggetti” che sono in relazione tra di loro. È questa una considerazione che richiederebbe riflessioni antropologiche e filosofiche molto serie e approfondite, che qui non possiamo affrontare. Ciò che, invece, è sotto gli occhi di tutti e ci riguarda più da vicino sono le trasformazioni delle nostre relazioni umane, in seguito ai mutamenti che sono avvenuti e che avvengono nel mondo che ci circonda e nei rapporti che tra noi stabiliamo ogni giorno. A quali mutamenti intendiamo riferirci?
Proviamo ad elencare quelli principali e a tutti noti: – assistiamo da tempo ad un’accelerazione dei cambiamenti climatici, che stanno trasformando il nostro rapporto con l’ambiente in cui viviamo e l’uso (o meglio abuso) che facciamo delle risorse e delle energie messeci a disposizione dal Sole e dalla Terra; – abbiamo conosciuto una serie di crisi economico-finanziarie, che almeno dal 2009 ha raggiunto una dimensione mondiale, e che continua a creare povertà e diseguaglianze; – siamo invasi, inoltre, a livello globale da una pandemia, che ha provocato una corsa concorrenziale per mettere a punto un vaccino efficace nel minor tempo possibile, ma che soprattutto ci ha obbligato a prendere misure sanitarie eccezionali e a tenere tra noi inedite distanze per evitare i contagi. Si è così impedito di tenere riunioni e assemblee (laiche o religiose), anche le più importanti, urgenti e necessarie. Viviamo allora questo paradosso: le tecnologie sempre più progredite, i mezzi di comunicazione e informatici sempre più veloci ed efficienti, ci permettono di collegarci con tutto il mondo e di rendere sempre più “prossimi” coloro che ci sono lontani, ma i rischi e i pericoli, naturali, sanitari, sociali e politici, ci obbligano a limitare i nostri rapporti e ad aumentare le distanze all’interno delle famiglie, delle comunità e delle diverse nazioni.

Come se tutto questo non fosse bastato, è intervenuta adesso questa guerra in Ucraina a sconvolgere i rapporti internazionali e ad aggravare ulteriormente questa situazione: a dividere e contrapporre artificialmente l’oriente dall’occidente, a trasformare paesi amici in nemici e in lotta tra di loro. Ci siamo così trovati di fronte ad un improvviso allontanamento delle parti in causa, alla sostituzione del dialogo, del confronto e della collaborazione con una assurda contrapposizione, alimentata dalla logica della “costruzione del nemico”, dalle rivendicazioni territoriali e dalle reciproche accuse.
Il villaggio globale, teorizzato dal sociologo Marshall McLuhann, diventa sempre più una megametropoli incontrollata e incontrollabile, piena di divieti, di conflitti, di barriere e di muri di divisione.
Di fronte a tutto questo, siamo costretti a porci la seguente domanda: i progressi tecnici, informatici e sociologici, sarebbero di per sé capaci di migliorare le comunicazioni, di rendere gli uomini sempre più prossimi tra di loro, superando tutte le distanze fisiche, psicologiche e sociali che hanno afflitto e affliggono l’umanità; come mai tutto questo non avviene? Come mai uno psicoanalista del valore di Luigi Zoja ha potuto affermare che, se all’inizio del Novecento Friedrich Nietzsche ha dichiarato “la morte di Dio” oggi, dopo un secolo, dobbiamo annunciare “la morte del prossimo”? I grandi progressi scientifici e tecnologici, allora, non sembrano essere stati sufficienti a far sentire gli uomini più vicini e uniti tra di loro.
Il fatto è che i mezzi di informazione e di comunicazione sono sì strumenti sempre più efficaci per mettere gli uomini in relazione, ma se i soggetti di queste relazioni non vogliono dialogare, comunicare o collaborare tra di loro, rimangono chiusi nei loro egoismi o interessi particolari; l’uso di questi strumenti, allora, non serve ad avvicinare le persone o le istituzioni, ma viene impiegato ad aumentare le distanze e a complicare ogni tipo di rapporti e di comunicazione umana.
Stiamo assistendo esterrefatti in questi mesi ai radicali cambiamenti che avvengono a livello internazionale a causa del conflitto ucraino. Tutti gli sforzi che erano stati compiuti nei decenni passati per aumentare e arricchire gli scambi economici, culturali, politici, nonché le collaborazioni realizzate per affrontare e risolvere i problemi globali, sono letteralmente saltati e assistiamo a questa “escalation” di misure e contromisure, di sanzioni e contro sanzioni, che accompagnano l’uso delle armi che avviene contro ogni rispetto delle norme di diritto internazionale.
Di questo passo non possiamo che paventare (e attendere passivamente) la catastrofe che inevitabilmente avverrà, se si giungerà ad un conflitto davvero mondiale.

Giovanni Bertuzzi

Editoriale Rivista I Martedì 357
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Giovanni Bertuzzi

Direttore responsabile della Rivista I Martedì, Direttore del Centro San Domenico e Preside dello Studio Filosofico Domenicano.

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