Sandra Senni illustra il numero 353
Redazione I Martedì
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Un ricordo di Luigi Stagni
Faccio molta fatica a presentare l’artista le cui opere illustrano la rivista, perché questa artista mi è stata compagna di vita per 50 anni per poi lasciarmi, in modo imprevisto e improvviso, in una giornata di sole dello scorso agosto.
Le scomparse così improvvise sono sempre premature; questo è ancora più vero per gli artisti, la cui creatività non si spegne mai, ma può accendersi e riaccendersi nei modi e nei momenti più impensati; Sandra ha concluso il suo viaggio terreno nel pieno della sua maturità artistica, con una mostra delle sue opere in corso.
Sandra era tante cose, moglie, madre, nonna, amica; coltivava una spiritualità intensa e profonda, la sua lampada era sempre accesa in attesa dell’arrivo dello Sposo; l’incontro con lei non era mai banale, ma sempre dava inizio a qualcosa di significativo; era una “tessitrice” di rapporti.
Ma oltre a questo (o prima di questo? certamente insieme a questo) era un’artista; dipingere per lei non è mai stato un hobby, desiderava esporsi, con piglio professionale, al giudizio altrui e, perché no, confrontarsi con il mercato; da qui nasce la frequentazione e il diploma all’Accademia, gli incontri con i “colleghi”, le numerose mostre.
Per spiegare questa disposizione non credo ci siano parole migliori di quelle che lei stessa ha usato nella
premessa alla sua Tesi di Laurea.
«Credo sia una cosa difficilissima riflettere sul proprio lavoro. Passata la fase adolescenziale, in cui si dipinge per puro piacere, il mio lavoro mi è spesso costato fatica, lacrime, a volte frustrazioni, impotenza, accettazione della stessa, pazienza, sofferenza; ma l’amore, la dedizione, la fedeltà a questa passione, talento, inclinazione, mi hanno ampiamente ricompensato, offrendomi momenti di grande felicità. E in quel poco tempo dedicato a questa Padrona, la passione, che vorrebbe essere gelosa ed esigente, ho sempre sintetizzato, cioè avuto con me nel cuore, i miei amori; marito, amici, figli, parenti, gatti, oggetti e luoghi cari, compagni di strada preziosissimi, i maestri e gli studenti dell’Accademia, cercando di tener vivo quel filo rosso che, ahimè, in tanti periodi si spegne… con la speranza che poi si riaccenda».
Leggi l’articolo completo nel numero 353 “Le mani tecnologiche”